Al Consultorio Cana si è tenuto l'ultimo incontro del ciclo I lunedì di Amoris Laetitia. Dialogo tra la sapienza del Vangelo e le scienze umane dal titolo Accogliere e accompagnare le famiglie, sono intervenuti l’Arcivescovo di Palermo mons. Corrado Lorefice, don Paolo Gentili Direttore dell’Ufficio Nazionale di Pastorale Familiare della Conferenza Episcopale Italiana, ha moderato il prof. Giovanni Salonia ofm cap, Psicoterapeuta, Direttore Consultorio Familiare “Cana”.
Giovanni Salonia, nelle sue parole di introduzione, riferendosi a quanto si è scritto sull’esortazione apostolica, ha messo l'accento sul fatto che forse tutto lo stupore che ne è nato deriva dallo “scoprire che si può parlare della famiglia oggi con una sapienza evangelica che rende comprensibili le nostre parole”, una sapienza evangelica che non può essere disincarnata in un contesto di società in cui si sperimentano modi nuovi di essere famiglia e non si può continuare a guardare al modello di ieri perché “la famiglia si evolve come la società e la Chiesa è chiamata ad annunciare il Vangelo ad ogni società che cambia”.
Don Paolo Gentili ha messo in evidenza come nel passato ci si è preoccupati di avvicinare i lontani ma Papa Francesco, aprendo il convegno di Firenze sulla famiglia, ha ribaltato la questione affermando che “non esistono lontani ma soltanto prossimi da raggiungere”.
Rispetto alle fragilità della famiglia di oggi non bisogna giudicare ma avere lo sguardo del samaritano che solleva l'umanità ferita. C'è la necessità, così come indicato nella esortazione, che le famiglie vengano accompagnate perché dietro a tanti fallimenti nel matrimonio c'è tanta solitudine, “si è soli a custodire l'unità della famiglia e c'è la paura del per sempre in questo precariato affettivo che si sta vivendo”. Nell’Amoris Laetitia si parla del discernimento, come già ne aveva parlato Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio, conoscere le situazioni familiari caso per caso implica un reale discernimento pastorale che sappia orientarsi nelle variegate e complesse situazioni. Oggi tante volte “manca la promessa che uno fa all'altro consegnandosi nel patto nuziale, manca il sentirsi dentro una promessa più grande”, c'è allora bisogno che la Chiesa accompagni perché “l'avventura dell'amore non è per navigatori solitari” e il discernimento, come dice Papa Francesco, deve essere, come la Madonna a Cana, attento al bene del prossimo. Spesso nelle famiglie manca la dimensione della festa perché è mancato proprio l'essere accompagnati per superare le difficoltà nella coppia e con i figli. Come ricorda il Papa, nel miracolo di Cana viene trasformata la legge di Mosè in Vangelo. Allora per essere vicini alle famiglie “c'è bisogno di tante oasi di Cana, c'è bisogno di un vero miracolo che trasformi l'amore umano in amore divino e il precariato affettivo in un per sempre”.
L'arcivescovo Lorefice ha sottolineato proprio come “il Vangelo non si presenta come una norma ma come una bella notizia dentro la concretezza della vita, dentro la vicenda umana che non è mai scontata”, il Vangelo è un incontro, uno sguardo che si incrocia, come sul sicomoro Zaccheo, che voleva vedere Gesù, viene incrociato dal suo sguardo, mentre la legge condanna, Gesù viene incontro. Per don Corrado l’Amoris Laetitia è un kairos, un'opportunità per ritornare a gustare il Vangelo perché le comunità cristiane ponendo l'accento sull’etica “hanno dimenticato che sono convocate da una bella notizia”. Gesù è venuto non per condannare ma perché il mondo abbia vita e quando il Papa dice che la norma non può contenere tutte le situazioni non si tratta di “un’etica della situazione” ma è un mettere in guardia dal ridurre la Chiesa solo a una bella istituzione che ha un’etica ma non è più la Chiesa del Signore. Nessuno può giudicare perché “l'altro è come me, uno raggiunto dalla grazia e dalla misericordia”.
Per don Corrado siamo cristiani perché ci siamo riconosciuti dei raggiunti in una condizione, quale è quella umana, “che porta dentro un potenziale di fragilità, una polarità di grazia e peccato, di luce e di tenebra”. Ma il Verbo di Dio si è fatto carne, “non è venuto solo a fare un atto di beneficenza ma di totale compromissione”. L’Amoris Laetitia ci fa guardare al Vangelo per incontrare il volto dell'altro, occorre una conversione pastorale come la definisce Papa Francesco. La comunità cristiana deve concepirsi non come il luogo dove si forniscono servizi sacri e religiosi, ma come il luogo che riceve il compito di farsi compagnia.
L’Amoris Laetitia, secondo Lorefice, riconsegna una Chiesa che con umiltà è capace di camminare nel mondo moderno che non è avverso, ma adatto a che il Vangelo sia recepito. Paradossalmente “Gesù è vissuto nel postmoderno, ha cominciato dalla Galilea con uomini indaffarati per altro e dove la religione era una commistione lontana dal cuore, lì Lui è stato capace di osare, ha posto i segni del Regno di Dio con uomini e donne che si potevano coinvolgere”. È un'opportunità nuova di evangelizzazione, di andare incontro perché il cristianesimo deve tornare ad essere “una irruzione imprevedibile, gratuita di Dio che entra nella storia degli uomini perché la conosce, l'ha assunta, si è fatto carne e continua a farsi carne”.
Realmente l’Amoris Laetitia è stata una sfida a ripensare l'amore coniugale a partire dalle condizioni concrete di una società che sta attraversando, come dice il Papa, un cambiamento d'epoca. Incontri come quelli realizzati dal Consultorio Cana non possono che dare un grande contributo sia alle famiglie che alle comunità cristiane perché possano incarnare una Chiesa che si fa compagnia nel percorso della vita.
Foto di Cristina La Manna.