Che importanza ha oggi la Via Crucis per le strade delle nostre città? Lo abbiamo chiesto a don Calogero D’Ugo, Vicario Episcopale del 6° Vicariato

La Quaresima è certamente un periodo importante per la Chiesa perché nel corso dei suoi quaranta giorni vengono proposti ai fedeli molti gesti alcuni dei quali molto significativi per prepararsi alla Pasqua. Tra questi vi è anche la Via Crucis cittadina. Ne abbiamo parlato con don Calogero D’Ugo, Vicario Episcopale del 6° Vicariato.

 

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Don Lillo, tra i riti della Quaresima, la Via Crucis è certamente quello più antico e quello che regge di più ai cambiamenti sociali. Cosa lo rende ancora attuale?

La Via Crucis è un momento di preghiera molto antico. È una pratica che si diffuse per opera dei Francescani, quindi ha secoli di storia. Anche nella nostra Diocesi ha secoli di vita e ha permesso in questi secoli, a migliaia di cristiani della nostra Chiesa, di meditare la Passione del Signore unendosi a Lui nella preghiera e nella vita quotidiana. La sua attualità, penso, che si trovi nella potenza del Vangelo. È un momento di preghiera che mette al centro la passione del Signore che è una parte del cuore dell'evento di Cristo.

In una società che cerca di esorcizzare la morte e la sofferenza, come si spiega che la gente celebri per le strade una morte così cruenta e così poco attuale?

È vero che una parte della cultura di oggi cerca di esorcizzare la sofferenza e la morte. Perfino quella “cultura di morte” di cui parlava Giovanni Paolo II, presente nella nostra Europa, non ama parlare di morte, ma solo proporla come soluzione e praticarla. Ma, teniamo conto, che la Via Crucis è una pratica orante della tradizione cristiana, quindi appartiene ai Cristiani non alla società di oggi che non è tutta cristiana. Premesso questo, penso, che la sua attualità sia data dal fatto che nel mistero della Croce, come affermava il Fondatore dei Passionisti, c'è il riassunto di tutto il Vangelo.

Chi partecipa alla Via Crucis? Che tipo di persone sono? Sono più interessati i giovani, le donne, gli anziani?

Non ho dati esatti sulla frequenza della Via Crucis nelle varie realtà ecclesiali della Diocesi. So per certo che nelle parrocchie urbane ed extra urbane come nelle altre realtà ecclesiali, in questo periodo, spesso la si organizza. Penso che non debba meravigliare constatare un calo di presenze sia perché c'è una diminuzione di fede cristiana autentica e molta credenza cristiana superficiale; sia perché in alcune realtà ecclesiali si propongono altre forme di preghiera. Nelle realtà ecclesiali vivaci, per quanto posso considerare, c'è una Comunità che ingloba le varie generazioni che si ritrovano negli atti comunitari. Ho visto parrocchie del genere, come ho notato altre realtà dove, forse, per motivi legati al tempo o alla formazione ricevuta o non ricevuta, si nota una presenza di adulti e anziani.

Poiché il rito della Via Crucis si intreccia molto con tanti riti di devozione popolare, alcuni anche molto seguiti, vedi in Sicilia ad esempio Trapani, Caltanissetta, Enna, alcuni sostengono che sono divenuti più una manifestazione di folklore popolare che di devozione religiosa. A suo avviso questi eventi, aiutano a comprendere il vero significato della Via crucis, oppure in qualche modo lo danneggiano?

La devozione popolare è una grande realtà che ci ha consegnato la tradizione della Chiesa, ma come tutte le cose va considerata con discernimento e valutata nei suoi aspetti positivi (che vanno mantenuti e valorizzati) e aspetti negativi (che vanno superati). Il rischio che certe processioni o altri eventi religiosi si trasformino in folklore ci può essere. Qui devono entrare in gioco gli operatori ecclesiali, specie i pastori, con sapienza, pazienza e fantasia, affinché questi eventi diventino momenti di preghiera e di culto esterno. Riscoprano quell'anima interiore che si è perduta a vantaggio dell'esteriorità. La sfida è fare diventare vive delle realtà che spiritualmente sembrano morte, in modo da proporre la partecipazione non a turisti con telefono pronto al click, ma a credenti che tengono le mani giunte in atteggiamento di preghiera. Mi permetto di portare la mia esperienza di parroco di Belmonte dove le manifestazioni esterne, specie quelle legate al Triduo pasquale, sono forti momenti di preghiera e di testimonianza silenziosa.

Cosa si può ancora fare per riportare la Via Crucis al suo significato più vero, come accade ad esempio per tutti i pellegrini che vanno in visita a Gerusalemme?

Si può riportare la Via Crucis al suo vero spirito, come ogni altre manifestazione di vita cristiana, se rinasceremo dall'Alto. Se avremo una profonda fede cristiana, una grande visone soprannaturale e una vera comunione fra noi. Forse, bisogna, pensare da quali atteggiamenti dei nostri padri nella fede sono nate alcune pie pratiche, confraternite, processioni, devozioni, ecc. e riscoprire quell'anelito di santità che le ha ispirate.

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