Che esistano persone che al giorno d’oggi siano disposte a sottoscrivere un impegno per tutta la vita sembra difficile. Che poi questo impegno non abbia un contenuto, politico, culturale, ricreativo o sociale ma - per così dire - “spirituale” è ancora più incredibile. Eppure ciò accade ed è accaduto ancora alcune settimane fa a Partinico, in provincia di Palermo.
Si tratta delle oltre 300 persone che si sono impegnate a garantire con la loro partecipazione di un’ora, nell’arco delle 24 ore, l’apertura della Cappella dell’Adorazione Perpetua del Santissimo Sacramento.
È bene premettere subito che non si tratta di una iniziativa sporadica o localizzata nel territorio. Nella sola Sicilia se ne contano 20 di quelle perpetue e circa 25 solo diurne, distribuite in tutte le provincie dell’isola, oltre a quelle del resto d’Italia.
Forse proprio perché una simile esperienza non richiede la pubblicità dei riflettori, non troverà spazio sulla stampa o sulla televisione, ma si diffonde tuttavia con lo strumento più semplice, il “passa parola”, incuriosisce di più.
Ecco perché siamo andati ad incontrare alcuni “adoratori”, così si definiscono, nella parrocchia del SS. Salvatore a Partinico, ove si è avviata questa esperienza, l’ultima in ordine di tempo in Sicilia, la prima nella diocesi di Monreale.
Attorno al tavolo siedono i coniugi Toni Greco e Marilena Di Fede e Antonio Cervillera; mentre attendiamo l’arrivo del parroco don Carmelo Migliore, chiediamo ai presenti di illustrarci i caratteri più significativi della parrocchia, dei parrocchiani e come è nata l’idea della cappella Perpetua.
“La nostra parrocchia ha circa 8.000 abitanti – inizia Antonio Cervillera - ed è definibile come una parrocchia di periferia, rispetto al resto del Comune di Partinico. È sempre stata caratterizzata da una significativa presenza di movimenti e gruppi ecclesiali, che l’hanno resa viva ed accogliente da sempre”.
“Proprio questa presenza diversificata di varie aggregazioni laicali – prosegue Marilena Di Fede – ci ha indotto da tempo a ipotizzare l’avvio di una esperienza di questo genere. Eravamo convinti, della bellezza del progetto, anche se il pensiero di dover trovare quasi 300 adoratori, come minimo, per iniziare, ci faceva paura.
Perché?
“Perché - continua - alla parola “perpetua” molti si tiravano indietro, quasi intimoriti, l’eternità a volte fa pensare a un’esistenza che non conosce conclusione. Eppure è quello che ci aspetta nel Suo Regno, Egli ci ha creati per l’eternità.
E come si è giunti a questo risultato positivo?
“In modo del tutto imprevisto - dice Toni Greco -. Don Carmelo, il nostro parroco, ha invitato nella nostra parrocchia un gruppo di “adoratori”, così si definiscono, della cappella del SS. Salvatore di Palermo guidati da Don Enrico Campino. Si è trattato di una settimana intensa che ci ha visto impegnati in cenacoli, momenti di evangelizzazione, adorazioni eucaristiche e catechesi. L’invito è stato rivolto a tutti, in parrocchia; poi ci siamo rivolti alle altre parrocchie, abbiamo usato anche i social e … il resto lo ha fatto LUI”.
Cioè?
Toni Greco prosegue: “È accaduto che in modo spontaneo tantissimi, anche dai paesi limitrofi, hanno dato la loro adesione. In molti ripetevano: ‘Per il Signore, questo ed altro’! Nel contempo si avvertiva nei cuori una nuova comunione spirituale e in men che non si dica sono state coperte tutte le ore della settimana per l’adorazione.”
E in concreto come funzione la “macchina”?
Antonio Cervillera la descrive così: “Le 24 ore sono divise in fasce orarie, quattro per l’esattezza. E di ognuna c’è un responsabile che si avvale di altri collaboratori che gestiscono tutti gli “adoratori” di una determinata ora per tutta la settimana al fine di provvedere anche ad eventuali assenze.”
E come vanno le cose?
“A giudicare da questa prima settimana – aggiunge - molto bene. Gli “adoratori” sono a dir poco, entusiasti, e si sono aggiunte tantissime persone oltre a quelle registrate per l’inizio del progetto. Ci arrivano testimonianze edificanti da tutte le parti, in tanti raccontano di una gioia immensa che li pervade alla presenza del Santissimo.”
Ci ha raggiunto don Carmelo Migliore, il parroco, e con lui la discussione si fa subito più impegnativa.
Don Carmelo tutta questa disponibilità non deve trarre in inganno. Si tratta in fin dei conti di un impegno certo significativo, ma fondamentalmente personale, in cui si gioca solo il rapporto diretto con Dio. Manca tutta la dimensione comunitaria. Lei che ne pensa?
“È un errore pensare che manca la dimensione comunitaria, per far comunità non bisogna necessariamente adorare in gruppo. Siamo tutti figli di Dio, adorare il Padre ci permette di essere uniti in un unico intento. Insomma è quella unità che si riscontra nella Comunione dei Santi. Come dice San Paolo, nessuno di noi vive per sé stesso o muore per sé stesso, se un membro soffre tutte le membra soffrono insieme e se un membro è onorato tutte le membra gioiscono con lui. Il più piccolo dei nostri atti compiuti nella carità, come adorare Dio intercedendo per la Chiesa tutta, per la diocesi, per il presbiterio, per la città, ha ripercussioni benefiche per tutti, e questa solidarietà si fonda sulla Comunione dei Santi.
Torniamo allora al rapporto tra esperienza religiosa personale e dimensione comunitaria della fede. Come si conciliano questi due aspetti in questa particolare esperienza?
“Come diceva papa Benedetto XVI in una intervista, la fede è un contatto profondamente personale con Dio, che tocca nell’intimo e mette di fronte al Dio vivo tanto da poter parlare con Lui, amarlo ed entrare in comunione con Lui. Ma al tempo stesso questa realtà così personale è, a mio avviso, inscindibile dalla comunità; la fede ci introduce nel noi dei figli di Dio, nella comunità peregrinante dei fratelli e delle sorelle. L’incontro con Dio significa anche aprirsi, uscire dalla solitudine ed entrare nella comunità della Chiesa che è anche mediatrice dell’incontro con Dio, che tuttavia arriva al cuore in modo del tutto personale. Ogni singolo “adoratore”, che vive il suo incontro personale con Dio all’interno della Cappella, è parte integrante della comunità di adoratori, e della chiesa tutta, siamo come un’unica grande famiglia, e devo dire che Gioia e Comunione sono dei benefici che la sola organizzazione della cappella ha già apportato alla nostra comunità”.
Ha in testa un “piano di azione”?
“No di certo, perché il piano ce l’ha LUI e abbiamo visto come lo ha realizzato. Lo sviluppo di questo progetto è stato per tutti noi un periodo di grande travaglio, nessuno di noi è stato esente da prove e attacchi, ma il Signore ci ha sostenuto, ‘ha aperto una strada nel deserto’, è Lui che ha chiamato a sé 300 “adoratori”. Nei Vangeli per ben due volte Gesù si rivolge all’uomo chiedendo di essere dissetato, presso il pozzo con la Samaritana, e dall’alto della Croce; credo che la risposta corale dei fedeli all’adorazione perpetua sia il desiderio, tutto personale, di dissetare Gesù. La cappella è il pozzo dove Cristo viene ad incontrare ogni essere umano, egli ci cerca per primo ed è lui che ci chiede da bere. Gesù ha sete, ci ricorda S. Agostino, che lo sappiamo o no la preghiera è l’incontro di Dio con la nostra sete. E vorrei concludere con una frase di San Giovanni XXIII: ‘La chiesa è come la vecchia fontana del villaggio, che disseta le varie generazioni. Noi cambiamo, la fontana resta’. Da oggi questa fontana sarà la Cappella Eucaristica Perpetua, dove chiunque soffermandosi, di notte o di giorno, fissando lo sguardo su Gesù, può ritrovare conforto e ristoro”.