(25 febbraio 2015) – Lunedì 23 e martedì 24 febbraio a Palermo si sono tenuti due concerti di musica contemporanea dal titolo “Di Maestro in Allievo”, rispettivamente all’Auditorium della Rai e presso il Conservatorio “Bellini”. Occasione anche di solidarietà, poiché è stato possibile in tali concerti devolvere offerte per l’Associazione Cilla, che si occupa di dare un alloggio ai malati e ai suoi famiilari che devono spostarsi dal proprio luogo di residenza.
Sulla scena l’Orchestra da Camera “Salvatore Cicero” del Conservatorio di Palermo, diretta dal maestro Luigi Rocca e i solisti Roberta Marino al clarinetto, Irene Maria Salerno al pianoforte, Giorgio Buttitta alla chitarra e Maurizio Rocca al violino. I quali hanno tutti suonato nell’ultimo brano, il noto “Manoscritto del Principe” di Marco Betta.
Il concerto ha proposto brani inediti dei maestri Giovanni D’Aquila e Marco Betta e quelli degli allievi Simone Piraino e Alberto Maniaci. Finalità del concerto era di promuovere la musica contemporanea nel territorio siciliano, musica spesso percepita dal pubblico come non facile da ascoltare, o peggio incomprensibile. Chi ha promosso questo concerto ha puntato però su brani e compositori che si contraddistinguono per il desiderio di comunicare direttamente alle orecchie e al cuore di chi ascolta.
Il primo brano, Ragnarock di Giovanni D’Aquila, ha il suo abbrivio in un sospeso di un tremolo di note, come un volo di zanzare su una città, o segnali intermittenti di un pericolo incombente. Ma al suo interno c’è anche ansia di rilancio, come d’una lotta da cui può nascere lo slancio, e nasce in un giro di note che si diffondono tra gli archi, che come per osmotico contatto riprendono da capo, in un canone spontaneo. Uno slancio che non dimentica il ciarpame di ciò che c’impedisce intorno, ma si fa strada col passo di contrabbasso che si fonde col sussurro dei violini.
Simone Piraino ha proposto tre corali: sono studi all’insegna dell’indagine nella sterminatezza del suono, in cui l’accordo d’archi e “voce” del solista tracciano come scie di voli in cielo, in cui il silenzio è dimensione fondamentale da cui far nascere il suono, come un cammino nel deserto in attesa dell’oasi. Una raccolta tensione alla ricerca del soave, in cui non poca parte gioca l’unità “corale” a cui mirano tutti gli strumenti.
Kahlil, il brano di Alberto Maniaci, con titolo dedicato a Gibran, celebre pittore, poeta e pensatore libanese, presenta un’aria tesa, tra le incursioni del clarinetto solista con traiettorie in crescendo. Sono le note d’un enigma che procede in penombra, che segue come le strade d’un labirinto che non manca di trovare pieghe in cui distendersi, e una soluzione finale sussurrata con armonici.
Quindi è stata la volta dell’inedito di Marco Betta, In memoriam, in cui si intersecano, si affrontano due linee melodiche ritmate e palpitanti che convivono come in una stanza di suono che viene riempita dalla contraddizione in atto della sezione dei violini che avanzano con una melodia continua e la sezione dei bassi e contrabbassi che procede per ritmi sincopati. Una contraddizione, un alterco, che però tende a un finale unitario sospeso.
Musicisti e compositori siciliani in attività alla ricerca della Bellezza, è un tesoro di cui occuparsi. Laddove la crisi morde maggiormente alle caviglie, è lì che serve conservare energia per il rilancio, conservare ciò che ridesta il cuore.
Nella foto di Francesca Settipani il momento conclusivo del concerto all'Auditorium Rai di Palermo la sera del 23 febbraio 2015.