Domenica 28 agosto alle ore 21 presso il cortile del duomo di Termini Imerese si è tenuto il 3° appuntamento della rassegna cinematografica di questa estate dal titolo “Tu sei un bene per me” curata dal Centro di Solidarietà e Cultura “Il Segno” con la collaborazione della Chiesa Madre di Termini Imerese.
Il film proiettato, Full of Grace, è uscito nei cinema americani a gennaio e sarà in distribuzione in Italia a dicembre. È stato davvero un evento non solo perché quasi una anteprima, il film infatti è stato proiettato per la prima volta in Italia pochi giorni fa al Meeting per l'amicizia fra i popoli a Rimini, ma anche per la presenza del produttore Terence Berden.
Il Segno non è nuovo a queste iniziative. Per dire in breve che cosa muove questo gruppo di amici che realizzano tanti gesti belli e significativi non trovo niente di meglio che le loro parole: "La circostanza è il bisogno... Ma lo scopo è incontrare la persona nella certezza che è un bene per noi".
È vero, niente può lasciare un segno duraturo in noi se i gesti che ci sono rivolti non fanno intravedere un interesse profondo. Anche un cineforum estivo può avere un amore al destino delle persone incontrate e questo passa attraverso qualcosa, solo in apparenza banale, come la scelta di un film.
Full of Grace mette a fuoco gli ultimi giorni di vita di Maria e il suo rapporto con gli apostoli e in particolare con Pietro ritenuto, suo malgrado, il capo da seguire ma anche lui, senza Gesù, è smarrito tanto da rispondere alle domande dei suoi compagni: "Non so nemmeno io dove andare, non ho risposte...". È uno smarrimento, quello di Pietro, che ce lo fa sentire vicino perché è il nostro, ci possiamo facilmente immedesimare, tante volte diciamo le stesse parole e come i suoi compagni attendiamo qualcuno più sicuro di noi che ci indichi la strada.
Il film mette il punto proprio su questa difficoltà degli apostoli che pure avevano incontrato Gesù, avevano scommesso tutto su questo incontro, ma nemmeno la loro esperienza diretta li ha potuto preservare dal perdere la certezza. C'è voluta la vicinanza di Maria, le sue parole, il suo rincuorare, il suo aiuto a ricentrare lo sguardo sulla verità che li aveva incontrati.
Il film indica un cammino da verificare passo passo per capirne la convenienza per la vita e mette in guardia, i momenti di smarrimento ci sono. Avere incontrato la verità non mette al sicuro nessuno, del resto l'esperienza fatta in tutta la storia della Chiesa anche dai più grandi santi ne è la prova, la memoria del bene incontrato vacilla e la paura e il buio ritornano.
Pietro e i suoi compagni hanno avuto vicino Maria che li ha tratti fuori dalla dimenticanza, una compagnia vera, attenta, interessata al loro destino.
I dialoghi intensi del film ci riportano il dramma di ognuno di loro e la presenza di Maria è un continuo rendere ragione perché, come dice don Giussani, “L'affezione è un sentimento; ma è un valore. Nella misura in cui ha ragione, è valore; se non ha ragione alcuna, non è valore qualsiasi affezione”. Anche il rapporto con Gesù può ridursi a un sentimento senza valore, per gli apostoli come per l'uomo di oggi.
Storia raccontata con grande realismo dal regista Andrew Hyatt nella cui ispirazione artistica si possono ritrovare grandi maestri come Pasolini e Tarkovskij. Tutto contribuisce a realizzare una forte carica espressiva, dagli attori al paesaggio californiano, ma soprattutto i dialoghi che mettono a nudo il dramma della libertà vissuto dai discepoli e Maria che indica i passi di un percorso da seguire che è quello che lei stessa ha compiuto.
Il produttore Terence Berden nell'introdurre ha voluto solo indicare una modalità per accostarsi al film: guardarlo come se fosse un'opera d'arte sacra, come una preghiera e ha ricordato Papa Francesco e il suo stare dinanzi alla Vocazione di Matteo di Caravaggio.
Come ha detto Maria Concetta Buttà, presidente del Centro culturale, nel dibattito che è seguito: “Questo film nasce dall'esigenza di rispondere a una domanda personale: ‘ma cos'è questa esperienza cristiana che viviamo?’, chi ha lavorato al film ha guardato dove guarda Papa Francesco e ha sentito l'esigenza di tornare all'essenziale”.
L'essenziale è espresso nelle parole di Maria che ai dubbi di Pietro risponde: "Ricorda la prima volta che Lui ti ha guardato. Ricordare come è cominciato aiuterà a capire come finirà". Ha commentato T. Berden: "Questo è quello di cui ho bisogno nella vita. Dovrei aggiungere altro, ho bisogno di cercare altro o il momento in cui Gesù mi guarda è quello in cui ho la risposta?".
Le parole di Maria nel film sciolgono i nodi, ridanno certezza a Pietro e ai discepoli che si trovano a dover dare risposte, loro altrettanto confusi, a chi ha spostato la verità incontrata dal cuore alla testa riducendo l'incontro con Gesù a dottrina. Maria riporta sempre all'origine tutte le questioni: “La fede non è spiegare le cose ma vivere le cose”.
“Quello che più mi ha commosso” ha sottolineato M. C. Buttà' “è il non so di Pietro, questo trattenersi di Pietro in un non so che a noi pare nulla, anzi meno di nulla. Noi che concepiamo la vita come una performance da vivere al meglio e non piuttosto la possibilità di entrare in dialogo con Qualcuno che ci sta chiamando. Non sai ancora tutto, però ci vogliono i tempi. Una attesa che Maria aveva imparato ad esercitare fin dai primi istanti. Mi sembra che il momento di vero cambiamento sia che ogni tanto uno si fermi e dica non so e attenda un abbraccio”.
È vero, ci vogliono i tempi di una attesa che noi spesso vogliamo saltare. Nella storia narrata l'abbraccio di Maria rigenera la Chiesa nascente, per noi oggi può essere quello di testimoni che rinnovano lo sguardo amoroso di Gesù.
La visione del film per molti è stato un avvenimento, ha lasciato un segno, ha fatto immedesimare e ha lasciato il desiderio di rivederlo.