(14 dicembre 2013) – Abbiamo già visto poche settimane fa Platone vestire i panni degli scherzosi versi dialettali. Sofia Muscato, giovane speaker di Radio Time, ha deciso di alzare la posta, proponendo addirittura, dopo quella del “Fedro”, la lettura del “Teeteto”: non certo il libro che si legge prima di andare a dormire. O, parlando in maniera più consona alle circostanze, non certo la storia che uno qualsiasi di noi, magari ad un tavolo tra amici, col vino che scorre, al momento di fare rime e brindisi, tirerebbe fuori. Ma chi ha già preso parte altre volte al gustoso cenacolo intellettuale di Sofia sa che il suo dialetto non è banalizzazione della materia trattata; che, aldilà del docere et delectare, dello zucchero per mandare giù Platone, l’uso del dialetto, così come di immagini vicine alla sensibilità odierna, conferisce robusta ed icastica espressività alla filosofia, dà carne e carattere riconoscibili al filosofo e al giovane studente. E lo fa con un motivo precisissimo. Questo quantomeno è quello che emerge dalle parole di Mariella di Baudo, membra dell’associazione culturale “Paideia”, che ha collaborato all’evento: “Paideia nasce vent’anni fa con un motivo preciso: mettere in atto i principi di bellezza, giustizia e verità che albergano in ognuno di noi. Ciascuno di noi ha un talento, e Platone vuole accompagnare questi talenti: quello dell’amare così come quello di desiderare una conoscenza piena. Esiste la verità? O è tutto opinione? Per questo Platone è attuale, per questo Platone può irrompere contro la società dove va di moda l’opinionista.”
Il nucleo concettuale del dialogo è ovviamente la conoscenza. Tramite le domande di Teeteto si affronta la questione attraverso determinati approcci: la conoscenza come capacità tecnica, la conoscenza come sensazione, la conoscenza come opinione vera, la conoscenza come opinione ragionata; e ancora, il ragionamento come dimostrazione, come scansione analitica di un qualcosa, come ricerca delle distinzioni fra le varie cose. Il discorso porta infine al primato del momento istintivo: ovvero della capacità di attendere pazientemente quel momento in cui il disegno del proprio intelletto, grazie ad una “illuminazione”, viene premiato. Tradotto nelle freschissime rime della Muscato: “le distinzioni a menadito fanno di te solo un erudito”; “il nozionismo che tutto non afferra è circari lu suli cu l’occhi n’terra”; “è una gran fortuna percepire il miracolo della vita una”.
Come nel Fedro, i protagonisti sono bonariamente deformati. Socrate è rinomato chiacchierone, chi lo vede per strada cerca di evitarlo, chi riceve il suo saluto sa già di doversi sorbire i suoi discorsi. Teeteto non è più uno studente geometra, ma uno studente del geometra: Teodoro, suo professore, lo vede a ricreazione e, non volendo intrattenersi con Socrate venuto a trovarlo, chiede a Teeteto se può intrattenerlo lui, promettendo che in cambio lo salverà dalla bocciatura. Ma non lasciamoci ingannare dall’apparenza: anche quando parla in dialetto Socrate è un perfetto maestro. Teeteto, d’altro canto, nella sua ingenuità, non è ricettore passivo degli insegnamenti, ma con le sue battutine fa capire che non accetterà nulla se non prima di averlo capito o accettato. Quando Socrate cerca di spiegargli (per poi confutarla in seguito) la relatività protagorea dell’ “uomo misura di tutte le cose”, e come esempio tira in ballo il clima, che può essere freddo per alcuni, meno freddo per altri, Teeteto non ha dubbi: “si tagghia a facci è tramontana”. Se (riferendosi al vento) “taglia la faccia”, cioè è molto freddo, è tramontana, non c’è mestier sofismi. Egli d’altronde ricorda, in molte sfumature del suo carattere, parecchi ragazzi giornalmente seduti sui banchi di scuola.
All’inizio del dialogo, quando Socrate cerca di farlo ragionare, lui dice che non ce la può fare: “è assai si mi sta pigghiannu u diploma” (è già tanto che io mi stia prendendo il diploma). Chi ci ricorda? Quei ragazzi che dicono che non possono farcela, che questo liceo è troppo duro, che questo libro è troppo lungo. E d’altronde, e scusate se lo si cita di nuovo anche qui, ce li ha anche descritti Pennac: e ci ha ricordato, cosa importantissima, che se questa situazione persiste la colpa non sarà dell’alunno ma del suo professore. Di un professore che invece dovrebbe dirgli, come fa Socrate: “è inutile ca ti cuntrarii (ti rattristi, ti deprimi), si na putenza”: sei una potenza, sei un grande! Hai, cioè, tutte le carte in regola per seguirmi nel ragionamento verso cui voglio condurti. E ancora, quando lo studente cerca di rispondere alle sue asfissianti domande su cosa sia la conoscenza, prendendo spunto dalla tesi protagorea, non perché apprezzata, ma perché sentita in giro, Socrate lo provoca: “risposta a tirichititolla (risposta data superficialmente), di Protagora facisti copia-incolla!”. Non nega, come dichiara, la credibilità dell’ipotesi, ma odia che chi parli con lui, cioè il suo studente, lo prenda in giro: piuttosto, lo accompagna lungo questa teoria col ragionamento, per spingerlo, fare in modo che lui stesso veda se sia davvero conveniente vivere nella società delle opinioni e degli opinionisti. Ed in effetti è Teeteto stesso alla fine a rifiutare la teoria da lui stesso citata. Quando, verso la fine, Teeteto dichiara per l’ennesima volta di non farcela più, Socrate sorride: “ Chiossai ti cunfunni, chiù ben’a diri ca l’anima t’arrispunni” (più ti confondi, più vuol dire che l’anima ti risponde): il raggiungimento di una verità personale comporta sacrificio, travaglio interiore, ma il suo raggiungimento è una soddisfazione. E per farlo c’è bisogno di un vero maestro.
Spettacoli - Platone contro la "societa' degli opinionisti" nei versi in siciliano di Sofia Muscato
Le foto sono di Irene Muscato
- Sicily Present