(29 gennaio 2014) – Dopo le dichiarazioni del nuovo direttore del Teatro Biondo Stabile di Palermo Roberto Alajmo sulle “pirandellate”, c’era attesa sul rientro del premio Nobel agrigentino al Biondo.
Le randellate sul pubblico non ci sono state: «L’uomo, la bestia e la virtù» è stata la messa in scena di un testo in cui la vis comica s’alterna al tono umoristico, senza pagar dazio. Per quanto il gusto del paradosso sia centrale, la vicenda non è altro che uno degli “accidenti” che Pirandello ama proporre al pubblico per sollevare dubbi sulla “civiltà” e sui costumi di una società fondata sugli infingimenti, il protagonista non è il sarcastico inquisitore degli altri personaggi e della loro morale, ma egli stesso una vittima consapevole che opera dei tentativi per salvare la morale.
In questo senso è azzeccata l’apertura del primo atto, quasi da presepe: gli otto personaggi che aprono lentamente sei porte con luci basse dalle cromature marine e immobili si presentano al pubblico quali marionette; a commentare la scena un canto popolare siciliano, che invoca una tregua dalle sfortunate vicende della vita.
In questo quadro spicca l’interpretazione di Enzo Vetrano, nel ruolo del professore Paolino: l’uomo che pur preso da un sincero affetto per l’amante (“anima mia”, l’epiteto che le rivolge più di frequente) deve però sfregiarne il pudore per renderla gradita alla “bestia” (anche questa scena ben realizzata con la sottolineatura di toni e luci che fa slittare il piano della rappresentazione dal drammatico verso il surreale). Vetrano esalta la voce fine del ragionamento di Paolino, la sua sottile ironia, senza però cancellare lo status marionettesco del personaggio che deve sottostare al dileggio della sorte. La comicità è poi affidata alla quasi farsesca bravura di Stefano Randisi, che interpreta l’ingenuo figlio del Capitano Perrella e alla caricaturale interpretazione del Capitano-Bestia da parte di Giovanni Moschella.
Le incursioni dei registi, tra cui vale la pena menzionare la divertente presenza degli studenti lungo il primo atto, il dialogo a passo di danza tra Paolino e la moglie del Capitano e la luminosissima ma non gridata conclusione paradossale rendono ragione di una rilettura leggera ai confini del grottesco.
Si replica al Teatro Biondo Stabile di Palermo fino a domenica 2 febbraio.