“Qui Dio dimora con gli uomini”. Presentato a Palermo anche quest’anno il calendario di Russia Cristiana

 

(9 gennaio 2016) – Anche quest’anno il Centro Culturale “Il Sentiero” di Palermo ha riunito soci e simpatizzati per la presentazione dell’annuale calendario di Russia Cristiana e lo scambio di auguri per il nuovo anno.

L’appuntamento si è tenuto nella sede di via Resuttana alla presenza di oltre 100 persone: protagonisti della presentazione anche in questa circostanza Giovanni Caronia e Rita Martorana Tusa, appassionati cultori del calendario e dell’arte.

Particolarmente significativo quello di quest’anno, a partire dal titolo: “Qui Dio dimora con gli uomini”. È tratto da una frase attribuita ai messi del principe Vladimir, che, giunti nella basilica di santa Sofia a Costantinopoli, esclamarono: “Non v’è sulla terra uno spettacolo di tale bellezza… solo questo sappiamo: là Dio dimora con gli uomini”

Le splendide foto del calendario riescono a trasmettere la stessa bellezza che i principi di Kiev, a partire da Vladimir, cercarono di far rivivere all’interno del loro paese gettando le basi di una ricchissima civiltà, in cui si radicano i popoli russo e ucraino. Gli stessi popoli che oggi sono costretti fare una guerra che è ben contraria alle loro origini! Proprio il patrimonio artistico dell’antica Kiev, culla della civiltà russa e della fede cristiana del suo popolo, testimoniano a distanza di secoli la comune radice di fede e di cultura cui si alimentarono il popolo russo e quello ucraino.

Giovanni Caronia ha introdotto storicamente le vicende che portarono poi alle espressioni artistiche riprodotte nel calendario.

“La Rus’ di Kiev - ha spiegato - si convertì al cristianesimo nel periodo storico detto “epoca d’oro” per la cultura bizantina, che da poco era rinata dopo la crisi iconoclasta del 726-843. Il cristianesimo, ricevuto per volontà del gran principe di Kiev Vladimir, per alcuni decenni si propagò nella Rus’ prevalentemente all’interno del ceto militare e aristocratico. La costruzione di nuove chiese e la loro ricca decorazione divennero per i principi russi un modo per esprimere il proprio ossequio alla nuova fede, in cui la Rus’ vedeva il proprio futuro”.

Rita Martorana Tusa, avvalendosi di una ampia illustrazione fotografica, solo in parte riportata nel calendario, ha poi illustrato i caratteri salienti dell’arte iconografica di quel periodo affermando innanzitutto che nacque dal desiderio dei principi di ingaggiare i migliori artisti, facendoli venire possibilmente da Bisanzio, perché “l’alto livello delle opere d’arte costituiva un segno della ricchezza e della potenza dei committenti.”.

Il calendario riporta immagini dei mosaici delle chiese di Santa Sofia e di San Michele dal tetto d’oro. La cattedrale di Santa Sofia è stato il primo sito ucraino ad essere inserito tra i patrimoni dell’umanità dell’Unesco.

Il suo modello fu la cattedrale di Santa Sofia di Novgorod, con le sue 13 cupole di quercia, che Jaroslav I decise di imitare in segno di gratitudine verso i cittadini di Novgorod che lo avevano aiutato ad assicurarsi il trono di Kiev nel 1019.

Dopo l’invasione mongola della Rus’ nel 1240 la cattedrale cadde in disuso. Nel XVII secolo venne restaurata in stile barocco nella parte esterna, ma mantenendo gli interni bizantini e con loro lo splendore del complesso. I lavori vennero proseguiti dall’etman cosacco Ivan Mazepa, e nel 1740 la cattedrale assunse il suo attuale aspetto.

Dopo la rivoluzione russa del 1917, e durante la campagna antireligiosa sovietica del 1920, il governo decise la distruzione della cattedrale e la trasformazione delle fondazioni in un parco dedicato agli “eroi di Perekop”. La cattedrale venne salvata dalla distruzione grazie agli sforzi di molti scienziati e storici. Nonostante questo, le autorità sovietiche confiscarono la chiesa e le vicine strutture trasformandole in un museo della cristianità ucraina.

Dato il suo status di cattedrale, la chiesa diventò il luogo di rappresentanza ufficiale dei principi, mentre la chiesa della Decima fungeva da cappella privata. Il particolare status determinò anche l’organizzazione dello spazio al suo interno e la concezione iconografica della decorazione.

“Vi è rappresentato – ha continuato Rita Martorana Tusa – l’universo cristiano, comprendente oltre agli eventi biblici un gigantesco pantheon di santi. Le decorazioni si conformano alla struttura dell’interno e le zone più importanti e illuminate sono decorate a mosaico: cupola e abside centrale, pennacchi e pilastri del santuario. Lo spazio restante è decorato con affreschi”. E poi ha spiegato che per comprendere a fondo la ricchezza e la complessità del programma decorativo della Sofia di Kiev, “è opportuno richiamare alcuni elementi chiave dell’iconografia e dell’arte bizantina che possiamo leggere nei mosaici della cattedrale, sottolineando come i soggetti siano legati strettamente all’evoluzione del pensiero teologico”.

I singoli elementi acquistano, infatti, una profonda interpretazione simbolica, che diventa chiara ed evidente nel contesto del rito liturgico. “Da questo punto di vista – ha proseguito – le pitture di Santa Sofia sono di inestimabile valore perché qui appaiono per la prima volta alcune innovazioni iconografiche della pittura bizantina, e qui coesistono tradizione e rinnovamento, riproduzione di elementi di santità venerati a Costantinopoli e la preoccupazione pastorale nei confronti della Rus’ appena battezzata.

La chiesa bizantina con cupola impostata su una pianta a croce greca rappresenta l’immagine ideale dell’universo, e di conseguenza la decorazione mostra una netta suddivisione tra il mondo celeste, nella parte superiore della chiesa – in primo luogo la cupola -, la zona intermedia del “paradiso”, di cui fanno parte le volte e la sommità delle pareti, e la zona inferiore, che simboleggia il mondo terreno. Pertanto il sistema pittorico comprende obbligatoriamente alcuni elementi che vengono disposti secondo un ordine gerarchico.

Nella cupola campeggia il busto del Pantocratore, Signore del cosmo e Creatore dell’universo; come capo della Chiesa celeste, è attorniato da una schiera angelica, e sotto di Lui sono disposti profeti e apostoli, coloro che preannunciano e diffondono il suo insegnamento.

Il Pantocratore non è raffigurato interamente, ma sino alla cintura, per sottolineare come la nostra conoscenza di Dio e delle sue vie sia limitata e parziale. Lo sguardo esprime gioia e benevolenza verso coloro che sono puri, ma nel contempo è carico d’ira e di condanna per i peccatori.

Nell’abside domina la figura della Madre di Dio Orante, la Theotokòs, che impersona la Chiesa terrena, mentre lo spazio sottostante la cupola è occupato dagli avvenimenti della storia sacra, e la zona inferiore riporta le schiere dei santi, i quali, come fondatori e ordinatori della Chiesa terrena, sono avvicinati ai fedeli. La rappresentazione della Madre di Dio orante simboleggia la Chiesa che accoglie nel suo seno l’umanità intera.

Elementi fondamentali del programma iconografico sono le decorazioni degli archi sottesi alla cupola, dove si trovavano medaglioni con i Quaranta martiri di Sebaste. La tradizione agiografica narra che le loro spoglie non vennero mai separate, e pertanto il loro culto incarna l’unità della Chiesa come corpo di Cristo. I martiri di Sebaste congiungono terra e cielo e introducono il tema del “popolo santo”, rappresentato dalle schiere dei santi raffigurati ad affresco sulle pareti della chiesa, che mostrano visibilmente l’immagine della Chiesa terrena a cui si era appena unita la Rus’. Inoltre la cosiddetta “leggenda di costruzione” attribuisce ai Quaranta martiri la facoltà di sostenere l’edificio del tempio.

“Il programma dei mosaici di Santa Sofia – ha concluso – attesta una ben precisa fase nella decorazione delle chiese bizantine. Vi domina il principio di una rigorosa gerarchia dei soggetti, disposti su un asse verticale; questi principio, formulato fin dall’epoca del trionfo dell’Ortodossia, è affermato attraverso l’utilizzo di immagini sacre che non solo rispecchiano appieno la dogmatica cristiana, ma sono consacrate dall’aura di una particolare venerazione e assurgono per il mondo bizantino a garanzia dell’incrollabilità dell’impero ortodosso.

I soggetti ecclesiologici nella zona mediana e inferiore dell’abside perdono l’orientamento verticale e si sviluppano invece in orizzontale, a simboleggiare il diffondersi della Chiesa nel mondo. Avvolgendo letteralmente il santuario, essi creano un proprio spazio liturgico e divengono parte della liturgia reale.

Il calendario è una spendita testimonianza di questa storia e della fede che dentro questa storia ha aiutato gli uomini ad attraversare periodi burrascosi e vicende umane difficili in cui il sacro si accompagnava con la bellezza e la bellezza rimandava sempre ad un significato del sacro, compagno degli uomini e mai alibi per evadere i temi della vita quotidiana. E’ quanto con più splendore e altrettanta attenzione alla vita umana testimoniano i mosaici della cattedrale di Monreale.

Prima di passare al brindisi e agli auguri Calogero Zuppardo, presidente dell’Associazione “Il Baglio” di Palermo ha riferito dell’attività che la sua associazione, che riunisce artisti di varie discipline artistiche, ha svolto in questi anni proprio nel campo dell’arte russa. In particolare ha raccontato della recente esperienza svolta a Monreale dall’11 al 14 settembre 2015 in occasione di un Laboratorio dal titolo: “L’arte che salva” cui hanno preso parte tra gli altri oltre 20 artisti provenienti da varie località russe, oltre che ad alcuni esponenti della Chiesa Ortodossa russa.

Alla fine il presidente del Centro Culturale Rosalia Pipia ha illustrato le prossime iniziative in programma e in particolare ha dato appuntamento a tutti per marzo quando “Il Sentiero” ricorderà i trent’anni della sua presenza a Palermo. 

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