La mostra "Migranti, la sfida dell'incontro", esposta a Palermo dal 4 all'11 febbraio, è stata visitata da tanti ragazzi delle scuole della nostra città. Circa 1500 studenti hanno avuto la possibilità di poter accogliere la provocazione del percorso, quella cioè della immedesimazione con il destino di uomini e donne diversi per cultura, lingua, religione, abitudini e riflettere sulla possibilità che l'incontro con loro possa realmente essere un bene per la nostra vita, questo attraverso la conoscenza più approfondita del fenomeno delle migrazioni. Senza dubbio il confronto con l'altro è essenziale al compimento della nostra personalità e l'identità personale e di popolo si rafforza se diventa consapevole di sé, questo può accadere solo se ci apriamo all'altro e non se alziamo muri. Questa convinzione sta alla base della linea educativa della scuola italiana che, pur con tutti i suoi limiti, favorisce i processi di integrazione e considera l'incontro fra le culture occasione di arricchimento reciproco.
Tuttavia ogni giorno i media ci forniscono numeri sempre più grandi di migranti che giungono nei nostri paesi europei e le notizie ci inducono spesso a una visione distorta o quanto meno superficiale del problema e da questo deriva la paura per la nostra sicurezza. Ecco perché, in una società in cui la questione dell'arrivo dei migranti e della loro integrazione è sempre più urgente e la sua risoluzione è sempre disattesa sia dai governi nazionali che dalla comunità europea, si deve puntare alla educazione dei giovani perché la sappiano affrontare senza pregiudizi ma a partire da una conoscenza adeguata delle dinamiche di un mondo in continua trasformazione.
Come scrive Hannah Arendt: “Una crisi ci costringe a tornare alle domande; esige da noi risposte.... si trasforma in una catastrofe solo quando noi cerchiamo di farvi fronte con giudizi preconcetti, ossia pregiudizi, aggravando così la crisi e per di più rinunciando a vivere quell'esperienza della realtà, a utilizzare quell'occasione per riflettere”. L'incontro con i migranti può essere davvero una risorsa per la nostra crescita solo se andiamo oltre i numeri a incontrare i volti, le persone e, con tutta la fatica che questo comporta, proviamo ad immedesimarci nelle loro vicende di uomini e donne che desiderano essere felici come tutti. È veramente una sfida da raccogliere per noi e i nostri giovani.
Abbiamo voluto porre delle domande a docenti e ragazzi incontrati in questi giorni.
A partire dall'esperienza dentro le aule scolastiche cosa sanno i ragazzi del fenomeno migratorio e cosa ne pensano?
Emanuela Annaloro, docente al Liceo Artistico Vincenzo Ragusa e Otama Kiyohara: Non credo che si possa generalizzare quel che accade nelle aule scolastiche, perché ogni classe è un microcosmo. In alcune aule i migranti o i migranti di seconda generazione sono gli studenti stessi, in altre classi del fenomeno si ha soltanto una conoscenza indiretta, filtrata dall'ambiente familiare e sociale di riferimento. In ogni caso la scuola diventa ogni giorno che passa sempre più “meticcia”, ibrida, poliforme e questo credo sia una grande opportunità. Ad esempio, l'incontro e la convivenza di persone di diversa provenienza culturale possono essere occasione per “verificare” (in senso fortiniano) le nostre forme identitarie, per contaminare e internazionalizzare i nostri canoni e forse anche per dare un volto umano alla globalizzazione.
Che importanza può avere una iniziativa del genere rivolta ai giovani studenti? E cosa può fare la scuola per superare i pregiudizi e favorire l'incontro?
Iniziative come la mostra “Migranti, la sfida dell'incontro” possono far da pungolo, da punto di innesco di un processo di riflessione che può essere più ampio. Il fenomeno, ad esempio, può essere affrontato non solo da un punto di vista storico, sociale o etico, ma anche da un'angolatura economica e politica. Si tratta di categorie spesso poco utilizzare a scuola, quasi percepite come un tabù, in realtà si tratta di forme della complessità dentro cui viviamo e da cui rischiamo di “essere parlati” se non impariamo a parlarne.
Sul ruolo della scuola, se fosse utile, mi piacerebbe poter rispondere con un paradosso: la scuola può far tutto e può far nulla. La scuola può accendere un bisogno di sapere in un'età in cui si è particolarmente plastici e desiderosi di cambiare il mondo; la scuola può mettere "in asse" il senso critico delle persone; la scuola può alimentare l'altissimo senso etico e di giustizia che i ragazzi possiedono nell'adolescenza. In questo senso la scuola può far tutto. La scuola non può far nulla, invece, contro la propaganda xenofoba che ci sovrasta, contro le derive populiste dei governi occidentali o le strumentalizzazioni demagogiche del senso di paura e di insicurezza dei consumatori globali. La scuola è del tutto impotente innanzi alle forze capitalistiche e neocolonialistiche che sono all'origine degli squilibri che alimentano i flussi migratori. La scuola non può togliere credito all'educazione valoriale (qualunque essa sia) trasmessa in famiglia e non può competere con le potentissime agenzie educative del tempo libero che fanno di tutto per distogliere lo sguardo dei nostri studenti e di noi tutti da ogni realtà che appare dolorosa, brutta, “di scarto”. In questo senso, la scuola non può far nulla. La forza della scuola è una forza mite.
Abbiamo chiesto ad uno studente della stessa scuola cosa lo ha colpito della mostra e se il percorso lo ha aiutato a comprendere di più della questione migranti.
Salvo: "Ciò che mi ha colpito di più della mostra sono i video delle testimonianze di chi ha realmente vissuto la 'migrazione'. Molte volte è proprio vero che la maggior parte delle persone non riesce a immedesimarsi e quindi a condividere gli stessi sentimenti di chi realmente è salito su uno di quei barconi. I migranti spesso sono accusati di attaccare la nostra cultura e non si sa che proprio la nostra cultura è essa stessa un mix di culture diverse. È proprio questo l'input di riflessione che mi ha dato la mostra. E anche il fatto che il nostro stesso paese ha sofferto il problema della emigrazione. Proprio viaggiando mi sono accorto che gli italiani sono in tutto il mondo. Credo sia necessario sensibilizzare gli studenti con mostre e incontri e trattando il tema in modo molto approfondito".
In una città come Palermo, capitale dei giovani e della cultura, la mostra ha voluto incontrare proprio i giovani e lanciare un input sul grande tema dell'accoglienza. Da qui si parte per un approfondimento dentro le aule scolastiche.