Ultime conversazioni è l'ultimo libro-intervista con Benedetto XVI, pubblicato dalla Garzanti, a cura di Peter Seewald, scrittore e giornalista tedesco che già in passato aveva realizzato altri tre libri-intervista diventati altrettanti bestseller tradotti in varie lingue e che deve molto nella sua vita personale all'incontro con Joseph Ratzinger. Allontanatosi, infatti, dalla Chiesa negli anni della contestazione ritorna ad una fede convinta proprio grazie al rapporto instaurato con l'allora cardinale e prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.
Ultime conversazioni è stato definito come un testamento spirituale del papa emerito, in effetti il giornalista, con una grande delicatezza e un affetto che si può leggere tra le righe e che gli deriva dalla ormai più che ventennale conoscenza di Benedetto XVI, attraverso le sue domande, gli fa ripercorre tutti i momenti della sua vita dall'infanzia ad oggi e il lettore può entrare così nella grande storia, della Chiesa e della società tutta, vissuta da un uomo che mette a nudo le commozioni e i pensieri più intimi rivelando tutta la grandezza e la bellezza di una personalità che, pur essendo ai vertici ecclesiastici e del pensiero teologico contemporaneo, non ha mai smesso di sentirsi un "umile servitore del Vangelo" come ha detto di sé presentandosi ai fedeli per la prima volta appena eletto papa.
E l'umiltà, la virtù di questo grande papa e teologo, viene fuori già dalle prime pagine del libro quando parlando del potere risponde al giornalista di averlo concepito sempre "come responsabilità, come un compito pesante e gravoso. Un compito che costringe ogni giorno a chiedersi: ne sono stato all'altezza?".
Uomo di grande fede, di fronte a Dio sente di essere "una piccola, misera creatura che non sempre riesce ad arrivare fino a Lui". Si rimane pieni di stupore nel leggere come in lui, nei momenti bui in cui "il rapporto con Dio diventa difficile", la certezza della fede non viene meno perché "se non capisco una cosa, non è perché sia sbagliata ma perché io sono troppo piccino per comprenderla", lui definito come il più grande teologo dei nostri tempi.
La consapevolezza che ogni ruolo da lui rivestito, a partire dal suo essere sacerdote, dovesse essere considerato un servizio c'è sempre stata, lo si legge nell'invito per la sua prima messa dove scrive: "Non siamo i padroni della vostra fede, ma i servi della vostra gioia". E che la sua vocazione comportasse esercitare la grande virtù dell'obbedienza Ratzinger lo ha compreso ogni volta che un suo superiore gli ha messo sulle spalle incarichi che lui mai avrebbe scelto, come quando fu chiamato da Giovanni Paolo II che lo volle accanto a sé a Roma e le tre volte che gli fu negato di essere esonerato dall'incarico. Si è dimostrato sempre un servo obbediente di fronte alle risposte negative, soprattutto l'ultima, quando Papa Wojtyla gli disse: "la voglio con me fino alla fine", dimostrandogli così una stima infinita.
Con molta semplicità Benedetto XVI risponde alle domande che riguardano il suo pontificato e le sue dimissioni che hanno cambiato il corso della storia e mette in evidenza la consapevolezza di avere sentito il compito di additare agli uomini di questo tempo "la centralità della fede in Dio", non disgiunta dalla ragione. Durante tutto il suo ministero ha sempre messo in guardia da quella che lui stesso ha definito "dittatura del relativismo" sottolineando che il compito della Chiesa, in una società sempre più scristianizzata, deve essere quello di annunciare in modo chiaro la verità della fede, una fede non fatta di regole da osservare ma radicata "nell'amicizia con Cristo". Non a caso proprio negli anni in cui è stato papa e malgrado gli impegni di questo suo nuovo servizio ha voluto mettere mano alla scrittura dei tre volumi dedicati a Gesù di Nazareth considerandoli come il suo ultimo e necessario lavoro di teologo.
Il mondo, fuori e dentro la Chiesa, ancora pare non riuscire a dare spiegazioni soddisfacenti alle dimissioni che hanno impresso una svolta non solo in ambito ecclesiastico, forse perché, pur non essendo uniche nella storia, sembrano comportare una novità che potrebbe ripetersi.
Benedetto XVI, invece, guardando le cose dal punto di vista della fede, sente chiaramente di essere chiamato ancora una volta ma in modo diverso a servire e spiega le sue dimissioni con parole semplici ma di profondo significato teologico: "anche un padre smette di fare il padre. Non cessa di esserlo, ma lascia le responsabilità concrete. Continua a essere padre in modo più profondo, più intimo". E a chi gli ha rimproverato di essere sceso dalla croce risponde che la sua non è stata una fuga ma "è invece un'altra maniera per restare legato al Signore sofferente, nella quiete del silenzio, nella grandezza e nell'intensità della preghiera per la Chiesa intera".
Ultime conversazioni è un libro in cui il Papa ci permette di entrare nella sua intimità e ci commuove perché ci rivela la posizione umana di un grande dottore della Chiesa contemporanea che indica nell'affidamento la strada da seguire nel cammino di fede. Sono rivelatrici le sue preghiere preferite, una di sant'Ignazio: "Prendi, Signore, e ricevi tutta la mia libertà..." e un'altra di san Nicola di Flùe: "Prendimi come sono...".