La vita dei popoli è scandita anche dalle ricorrenze che si rincorrono di anno in anno per tenere viva la memoria di avvenimenti significativi per tutti. Anche per questo motivo, ultime in ordine di comparizione sui nostri calendari civile sono comparse le c. d. “giornate della memoria”, quasi sempre volute dalle istituzione per ricordare fatti particolarmente importanti per la convivenza civile.
Forse, però, della ricorrenza del 3 ottobre avremmo volentieri fatto a meno. Infatti la Repubblica riconosce quel giorno “Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione”, per ricordare chi "ha perso la vita nel tentativo di emigrare verso il nostro paese per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria". Recita così l'articolo 1 della legge istitutiva del marzo dell’anno scorso.
In occasione della Giornata nazionale, stabilisce l'articolo 2, sono organizzati su tutto il territorio nazionale cerimonie, iniziative e incontri per sensibilizzare l'opinione pubblica alla solidarietà civile, al rispetto della dignità umana e del valore della vita, all'integrazione e all'accoglienza. Sugli stessi temi le istituzioni, nei propri ambiti di competenza, promuovono iniziative nelle scuole, anche in coordinamento con associazioni e organismi di settore.
Da questa sollecitazione è nata una bella iniziativa svoltasi al Liceo Classico Statale "Umberto I", che ha visto attenti e partecipi i tanti studenti che gremivano l’Aula magna invitati ad ascoltare non solo i discorsi, ma alcune significative testimonianze di autorevoli esponenti della comunità cittadina.
Il merito della promozione dell’iniziativa va all’A.Ge. (Associazione dei genitori) e dall’Anolf, (Associazione nazionale oltre le frontiere).
La prima testimonianza è stata del Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando che ha raccontato di un avvenimento occorsogli sulla banchina del porto della nostra città, in occasione di uno dei tanti sbarchi di immigrati.
“Quella mattina, espletate le solite procedure sanitarie e amministrative, mi avvicinai a quanti erano sul molo per portare loro una parola di conforto e un augurio per il futuro che certamente da quel giorno sarebbe stato meno buio. Tutti rispondevano più o meno cordialmente, tranne un ragazzo, forse un quindicenne, che non voleva rispondermi. Tentati più volte di aprire una conversazione, magari formale, ma non ottenni nulla. Quando mi decisi a chiedere la causa del suo mutismo mi rispose che non aveva voglia di parlare perché si sentiva un assassino. Rimasi sconvolto, e il mio turbamento fu subito chiarito, perché mi disse in poche e lapidarie parole che lui si era salvato, ma suo fratello gli era morto tra le braccia durante la navigazione e il suo corpo era stato gettato in mare; quindi, si sentiva la causa della sua morte. Da quel giorno il mio giudizio sui migranti che giungono tra noi è radicalmente cambiato. Sono uomini come noi e il nostro primo dovere è accoglierli come uomini”.
Altro intervento significativo quello di Mons. Michele Pennisi, Arcivescovo di Monreale e delegato della Conferenza Episcopale siciliana per la scuola e l’università.
“Il 3 ottobre del 2013 ero presente nella sala Clementina in Vaticano in occasione dell’udienza di Papa Francesco al Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace di cui sono membro. Quando giunse la notizia del naufragio e dei tanti morti il Papa disse: «È una vergogna». Non è stato solo un atto di accusa verso i responsabili diretti o indiretti di questa tragedia, ma anche un atto di assunzione di responsabilità, di esame di coscienza, per tutti. Quando papa Francesco ha parlato di vergogna, ha parlato di un sentimento che non può non riguardarci tutti quanti. Questi morti, e le migliaia che negli anni sono stati travolti in queste acque, anche dopo questa tragedia, chiedono verità, giustizia e solidarietà”.
L’incontro è stata occasione per entrare anche nel merito di tante questioni gravi e irrisolte causa poi del malcontento e dell’odio che in modo lento ma inarrestabile si va diffondendo tra la nostra gente.
Il Sindaco Orlando ha puntato il dito contro lo strumento dei permessi di soggiorno, cui ha fatto eco un altro autorevole intervento quello di Adham Darawsha, presidente della Consulta Comunale delle culture che ha usato parole durissime, affermando: “E’ un permesso per ottenere il quale tutti sono disposi a tutto. Io sono nato a Nazaret – ha raccontato – e sono giunto a Palermo con Alitalia e non su un barcone. Sono venuto per studiare e adesso sono un medico della sanità pubblica. Quando ho ricevuto il permesso di soggiorno ho pianto e l’ho messo sul cuscino per tutta la prima notte. Era il raggiungimento di un obiettivo decisivo per il mio futuro. Pensate allora ai tanti che attendono anni per ottenerlo e poter finalmente uscire da uno stato di clandestinità”.
Anche il vice presidente dell’Assemblea regionale, Peppino Lupo, ha colto l’occasione per evidenziare un aspetto particolarmente delicato, quello della comunicazione. Citando il recente referendum svoltosi in Ungheria ha detto: “Forse non tutti sanno che l’Ungheria conta una popolazione appena doppia di quella siciliana, circa 10 milioni di abitanti; le quote previste dall’UE per quella nazione ammontano a 1.300 immigrati. Eppure è stata condotta una battaglia mediatica senza precedenti che ha portato comunque la quasi totalità dei votanti a dire no. E’ prevalsa la paura anche di fronte all’evidenza che 1.300 immigrati sono una goccia rispetto a 10 milioni di abitanti. Questa vicenda deve fare riflettere anche noi, perché anche in un paese come il nostro che vive una dimensione dell’accoglienza ben più grande e generosa, possono farsi spazio atteggiamenti di ostilità che possono degenerare nella xenofobia”.
Nel corso della mattinata c’è stato spazio anche per i ragazzi del Liceo che hanno proiettato un video sul tema dell’immigrazione con tante splendide testimonianze di immigrati giunti a Palermo con i quali portano avanti progetti di integrazione e scambi culturali che coinvolgono docenti e anche genitori.
La domanda ricorrente tra i relatori era sempre la stessa: che fare?
Il Sindaco Orlando ha invitato a fare memoria della storia della nostra città, da secoli luogo di accoglienza e integrazione tra popoli e culture, leggendo questo brano di un recente articolo della rivista National Geographic dal significativo titolo Quando eravamo arabi. “Del trilinguismo dei palermitani parla il poeta, chierico e medico Pietro da Eboli nel De rebus siculis carmen, cronaca delle vicende di Sicilia scritta intorno al 1200. Neppure il nome di una persona ne indicava necessariamente l’origine etnica o la religione: su un contratto di vendita immobiliare datato 1169 si nomina un certo Christodoulos, figlio di Abul-Sayyid e Sitt al-Husun, figlia a sua volta di Pietro di Castronuovo (che firmò in latino); alla vendita erano presenti Simeone, figlio di Andrea al-Rahham (che firmò in arabo) e Teodoro, figlio di Leone al-Khanzari (“Leone l’allevatore di maiali” in arabo), che firmò in greco. Anche gli ebrei di Sicilia parlavano arabo, ma lo scrivevano in caratteri ebraici”.
Mons. Pennisi ha risposto così: “Il nostro compito di cristiani è quello dell’accoglienza, del prendersi cura di quanti giungono tra noi, vincendo il muro dell’indifferenza, Siamo chiamati a farci prossimo degli altri, chiunque egli sia, da qualsiasi parte arrivi, qualsiasi problema porti, qualsiasi sia la difficoltà. Questo impegno richiede un cambiamento della persona. E’ necessaria una rivoluzione culturale. Occorre aprirsi alle logiche dell’accoglienza e della solidarietà. Tale nuova cultura potrà poi trovare supporto nella politica locale, nazionale, europea e mondiale, che non ha ancora provveduto a sviluppare corrette politiche di accoglienza e integrazione, capaci di dare una risposta virtuosa al fenomeno”.
Anche i rappresentanti dell’A.Ge. provinciale, Sebastiano Maggio, e regionale, Peppino Russo, nell’indirizzo di ringraziamento hanno assicurato la disponibilità a proseguire in questo lavoro che è al contempo di conoscenza e di giudizio. Filippo Ristagno, per conto dell’Anolf, facendo appello alla sua lunga esperienza di docente ha voluto rispondere in modo lapidario, rivolgendosi ai giovani studenti: “Il primo e più efficace modo che avete per aiutare queste persone è quello di far bene il vostro compito. Fate bene gli studenti e sarete i loro migliori alleati nella lunga marcia verso la loro piena integrazione”.
Al preside Vito Lo Scrudato il compito di concludere riaffermando la disponibilità della scuola a essere luogo accogliente per simili iniziative e l’invito a tutti a proseguire in questo difficile cammino, invitando gli studenti a proseguire nel percorso già portato avanti e ricordando quanto aveva prima affermato Mons. Pennisi citando padre Puglisi: “«Se ognuno fa qualcosa, allora possiamo fare molto.