15 settembre, 24° anniversario dell'uccisione di p. Pino Puglisi ucciso dalla mafia in odium fidei come ha riconosciuto la Chiesa che lo ha proclamato beato proprio a motivo del suo martirio.
Quest'anno le celebrazioni sono numerose e dimostrano quanto l'affezione a 3P, come veniva anche chiamato il parroco di Brancaccio, sta crescendo nella città di Palermo e chissà che un giorno non possa essere riconosciuto compatrono della nostra città insieme a s. Rosalia.
Il programma di iniziative che si protrarranno fino al 21 ottobre, giorno in cui la Chiesa ne fa memoria, ha ottenuto la medaglia di rappresentanza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, un riconoscimento che si aggiunge al percorso compiuto in questi anni per far conoscere l'uomo e il sacerdote che è stato p. Puglisi. Tra i tanti momenti interessanti quello che si è vissuto nella mattinata del 15 settembre sicuramente è uno dei più significativi perché ha coinvolto i bambini e i ragazzi delle scuole durante una cerimonia che ha incluso riflessione, preghiera e gesti semplici come quello di portare un fiore sulla tomba di p. Pino. Soprattutto è stata una festa che ha ricordato il doppio compleanno del 15 settembre, giorno in cui il sacerdote è nato e in cui è stato ucciso ma ricordiamoci che il giorno in cui si muore è, per un credente, il giorno della nascita al cielo, una nuova nascita.
Certo p. Pino lo ha creduto ancora più in quegli ultimi giorni in cui sentiva che il mistero della sua vita si stava compiendo e ha potuto sperimentare la speranza che porta la fede tanto da offrire un ultimo sorriso che ci ricorda le parole di Cristo sulla croce: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno".
Dal piano della cattedrale il serpentone vociante e festoso di bambini, ragazzi e insegnanti si è snodato fino all'interno dove a poco a poco le voci hanno lasciato il posto alla musica che ha fatto da sottofondo alla riflessione e alla memoria. Ma i protagonisti sono stati sempre i giovani e a loro si è rivolto con semplicità il sindaco Leoluca Orlando ricordando proprio il grande sogno che aveva p. Puglisi per i bambini di Brancaccio, una scuola per poter studiare. Oggi quando si passa per le strade del quartiere si vedono non solo i locali della scuola media ma anche scuole superiori ma 24 anni fa non c'era niente e non dobbiamo dimenticare, anzi dobbiamo dirlo a tutti i giovani che non lo sanno, che senza il sacrificio di p. Puglisi questo suo sogno avrebbe tardato ancora a realizzarsi.
È accaduto, con il suo martirio, quanto è detto nel Vangelo, "se il chicco di grano non muore, non dà frutti" e a ricordarci questa grande verità è stato il gesto semplice dei bambini che hanno portato le piantine con i chicchi di grano e le spighe già cresciute deposte all'altare dove riposa p. Puglisi.
Quando si sente parlare di lui si pensa che abbia fatto l'eroe combattendo contro la mafia, in realtà il suo essere contro i mafiosi in carne e ossa e contro la mentalità mafiosa del quartiere si è declinato nella normalità della vita di un sacerdote che ha a cuore le persone che gli sono state affidate, le parole del sindaco lo hanno sottolineato: "era una persona normale ma era straordinariamente normale. Le persone normali diventano eroi, santi quando sono normali in maniera straordinaria". Parole che riecheggiano un pensiero di Giovanni Paolo II, in riferimento a s. Benedetto, "era necessario che l'eroico diventasse normale, quotidiano e che il normale, quotidiano diventasse eroico". P. Puglisi non ha fatto niente di straordinario se non vivere in pieno la sua vocazione, in un quartiere come Brancaccio ha significato il sacrificio della vita per difendere il diritto dei giovani ad essere liberi da appartenenze mafiose, 3P sapeva bene che questo poteva avvenire solo attraverso l'educazione e la scuola. Questo umile sacerdote, anche dimesso all'apparenza, era un uomo che sapeva quanto fosse importante la cultura per rendere l'uomo veramente libero, è stato sorprendente scoprire nella sua povera casa, al momento della sua morte, migliaia di libri, ci si chiede dove trovasse il tempo per leggerli e meditarli nelle sue giornate piene. Non c'è dubbio però che proprio l'avere sperimentato, attraverso la lettura, quanto la cultura può rendere grande un uomo deve averlo reso sempre più convinto che solo attraverso l'educazione i giovani potevano salvarsi e solo le nuove generazioni potevano cambiare dal profondo un quartiere e una città.
A distanza di tanti anni non si pone l'accento a pieno su quanto sia stato grande il suo ruolo di educatore, quanti lo hanno incontrato durante le sue lezioni di religione e nei campi-scuola testimoniano di avere riconosciuto in lui un maestro, molti seguendolo hanno cambiato la loro vita. Sempre più si deve fare in modo che i giovani lo conoscano, si devono creare le occasioni in cui ancora una volta p. Puglisi possa farsi incontro ai bambini e ai ragazzi ed essere loro guida.