Pochi giorni precedono l’arrivo del Natale, di quella nascita che compiendosi nel grembo di una fanciulla ha cambiato la storia dell’uomo, nel suo corso e nel suo fine.
Madre di Bellezza è la denominazione dell’evento in cui ieri sera, nella chiesa di Sant’Ernesto a Palermo, si è cercato di riscoprire attraverso il canto, la musica e la poesia il volto di Maria.
Non c’è stato artista che nel tempo non si sia confrontato con la sua figura, simbolo non soltanto di maternità e verginità, ma anche di dolore e sofferenza. Versi di poeti distanti temporalmente e letterariamente – da Rilke a Testori, Peguy e Jacopone da Todi – si sono intrecciati in un dialogo a più voci, ripercorrendo i momenti essenziali della vita dell’Immacolata. È dal suo sì, dal suo farsi pianta che il divino si fece carne e la storia si strinse tutta dentro il suo magro grembo.
Non è solo nella Gloria che risiede la bellezza della celeste fanciulla, ma anche in quella dimensione umana e femminile che le permette di divenire origine e termine di ogni maternità. Maria è la mamma preoccupata quando di ritorno da Gerusalemme si accorge dell’assenza del figlio; è colei che ne accompagna la crescita e ne patisce la morte, piangendo come mai sarà chiesto/ a nessuna donna di piangere sulla terra, implorando di poterne condividere il dolore e la croce (figlio, questo non dire / voglio teco morire – scrive Jacopone da Todi).
Durante la serata i versi e le parole del poeta Davide Rondoni hanno più volte sottolineato la sua duplice dimensione, umana e divina, in una riflessione conclusasi nella lettura e nel commento dell’Inno alla Vergine di Dante.
È qui che termina il viaggio del Sommo Poeta, è qui che appare per l’ultima volta Beatrice – spiega Rondoni – consegnataci nella semplicità di due mani che accostandosi dicono «amen» alla vita dell’altro. È questo l’amore, è questo l’amore che può divenire segno e fiore del destino. È a questo amore che ci richiama Maria: a pronunciare il nostro quotidiano «eccomi», a scoprire l’impronta che splende chiara sul nostro volto nella fiducia del «così sia».