(19 luglio 2012) - Il savuco, sambuco in lingua nazionale, rientra tra le erbe officinali, adoperate in cucina, ed è diffuso nel mediterraneo; ma dà anche il nome ad un grazioso paesino dei peloritani appollaiato in una collina con due gobbe, come se fosse in groppa ad un cammello. Si tratta di Savoca che s’affaccia sulla fascia ionica, non distante da Taormina, da cui si può godere un panorama sullo stretto davvero invidiabile. Deve la sua fama non alla bellezza del borgo o alla caratteristica festa patronale di Santa Lucia celebrata nella seconda domenica di agosto, ma per essere divenuto la location di alcune sequenze del film del 1971 di Francis Ford Coppola, Il padrino, tratto dall’omonimo romanzo di Mario Puzo. Per qualche giorno il paesino si trasformò in un set cinematografico per dare la possibilità di girare le scene del matrimonio tra Michael Corleone, figlio di Vito il padrino, ed Apollonia. La chiesa di San Nicolò e la piazzetta con il bar Vitelli consacrarono quel luogo, divenuto ben presto meta di pellegrini che, a frotte, tra una granita e una brioche sostavano ed immortalavano ogni angolo del locale, colmo di cimeli.
Il tempo si è fermato al bar Vitelli. Tutto è rimasto come allora all’interno del locale. Un modo per alimentare la memoria e diffondere la curiosità degli astanti armati di macchine fotografiche e da un forte desiderio di accedere al caratteristico ingresso e chiedere a zia Maria, la proprietaria del bar e testimone discreta di quei fatidici giorni, pettegolezzi sugli attori e sul regista. Così, di punto in bianco la bella cittadina medievale non è stata più ricordata per la sua stratificazione storica, ma per aver prestato i propri luoghi ad un set cinematografico. Certo non si tratta di un qualsiasi film, visto il successo di pubblico e la presenza di Al Pacino e di Marlon Brando che indubbiamente impreziosiscono la pellicola. Ad ogni modo, il destino mediatico del piccolo borgo è finito per essere identificato con la saga famigliare dei Corleone e il bar Vitelli, consacrato a spazio “sacro”.
Da qualche anno, però, da quando la vecchietta è venuta a mancare, e nuovi percorsi del turismo cinematografico si sono affacciati alla ribalta, l’area ragusana, grazie alla serie televisiva Il commissario Montalbano, è divenuta meta di nuovi pellegrinaggi, e il bar Vitelli ne ha risentito, mostrando una certa stanchezza, e pertanto non riscuote più i consensi di una volta. Bene inteso, rimane un luogo trendy per gli amanti di “cose nostre”. Continua ad essere omaggiato per una granita, e si intraprende, un po’ distrattamente, il giro del paese, magari a bordo dell’ape Piaggio decappottabile di Giancarlo, per godere del paesaggio e delle emergenze architettoniche.
Così scopriamo che il paese si snoda intorno all’imponente castello i cui resti sovrastano i quartieri del borgo, così come merita una visita la maestosa chiesa madre intitolata alla Madonna Assunta di origine normanna, benché l’attuale impianto risalga alla fine del ‘400: da segnalare nella controfacciata due affreschi basiliani databili al XII secolo che tradiscono una forte tradizione di rito bizantino. Sempre di origini bizantine risulta la chiesa di San Nicolò, popolarmente chiamata di Santa Lucia, nella cui facciata primeggia un mezzo busto di marmo quattrocentesco della santa siracusana che ci ricorda la grande devozione dei savochesi verso la propria patrona. Sulla stessa via svetta l’elegante chiesa di san Michele Arcangelo con i suoi due portali gotico-siculi in pietra arenaria della prima metà del ‘400 che testimonia la vivacità intellettuale di una comunità che accoglieva anche un gruppo di ebrei come attestano alcuni documenti tardo quattrocenteschi e la recente identificazione della sinagoga, ubicata nei pressi proprio della chiesa di san Michele.
Non mancavano di certo gli ordini religiosi ad animare la vita religiosa della cittadina: i Francescani erano presenti con due comunità: i Minori conventuali, installatisi nel ‘600 e gestivano la chiesa di sant’Antonio di Padova, denominata anche dell’Immacolata, completata nel 1631 come si evince da un particolare della facciata, ora riadattata in centro filarmonico, e i Cappuccini che provvedevano ad inumare i defunti nella loro chiesa secondo il metodo del tempo ed è ancora possibile osservare quei corpi mummificati ancora ricoperti dalle proprie vesti. Dell’architettura civile, oltre ai numerosi palazzi signorili, di cui molti in rovina, va menzionato il palazzotto con l’elegante bifora quattrocentesca e l’unica porta d’accesso nell’abitato rimasta in pietra arenaria del XII secolo. Non rimane che visitare il piccolo museo etnoantropologico, con i suoi cicli legati all’agricoltura e così chiudere una mattinata, magari ritornando da dove siam partiti, proprio dal bar dei “Corleone” per un buon bicchiere di granita ai gelsi. Così è.
Reportage di un viaggio a Savoca. Nella photogallery sono contenute alcune immagini che illustrano chiese, palazzi e vie principali dell'incantevole paesino situato sui Monti Peloritani, non distante da Taormina.– Sicily Present