In casa ho una mansarda, una piccola soffitta destinata alle cose non più usate o usate poco. Un posto dove gli oggetti si perdono, dimenticati per essere ritrovati, magari in un pomeriggio di pioggia di settembre. L’odore è quello tipico, vetusto, rimestato a quello di terra bagnata che viene in appoggio, dalla piccola finestrella sempre aperta, estate e inverno.
L’atmosfera, legata al silenzio della casa, sembra volermi acchiappare in una rete di ricordi. Mi faccio catturare; apro un cassetto e affacciano le fotografie, quelle sono pericolose per l’equilibrio mentale, minano il senno, perdo il contrappeso e la cognizione del tempo. Così è, c’è picca ‘i fari. Divento grande e i sentimenti liberano impetuosi,abbandonati ai ricordi legati a quel filone che rintraccia anche profumi di altri tempi e altri luoghi, cose belle che non intristiscono ma offrono lo stimolo per una nuova bellezza.
‘Sta ricetta è facile facile, le dosi sono per 4 cristiani, e ti ci vuole mezz’ora totale di cottura ma almeno un’ora per la preparazione.
A Carini ci vantiamo di avere una fagiolina (leggi fagiolini, da noi è femmina) speciale; è lunga che pare pasta formato spaghetto, anzi meglio bucatino. Molti, anche della zona, esclamano “ma che è?” Ancora c’è gente che non l’ha mai vista… mah!
Ora, chi glielo dice ai compaesani che ‘sta fagiolina lunga si chiama di Sant’Anna o a metro o serpente o in mille altri modi e mai mai mai di Carini? Io no!
‘Nsumma, accattai mezzo chilo di ‘sta fagiolina, mezzo chilo di calamaretti, 200 g di ceci pronti, mi seccava cocerli, un piccolo mazzetto di prezzemolo e uno di finocchietto di montagna, una foglia d’alloro la scippai alla mia piantozzola, pigghiai anche due cm di zenzero, un pizzico di peperoncino secco e mi misi all’opra. Intanto t’ha diri ‘na cosa, ce l’hai un pescivendolo di fiducia innamorato di te? Allora fai come me, armati di santa pacienza e pulisci i calamaretti, uno a uno. Niè, fai accussì, se ti schifii ti infili un paru di guanti, attipo quelli in lattice, prendi un calamaretto, gli togli i tentacoli, la boccuccia, gli occhi e le interiora. Dalla sacca elimini la pelle, poi sciacqui e asciughi con un pezzo di carta assorbente. Ecco, fallo per mezzo chilo di calamaretti. poi li tagli a rondelle o li incidi lungo la sacca li metti dentro una ciotola con dell’olio etra vergine d’oliva, una grattugiata di zenzero, una foglia d’alloro e un pizzico di peperoncino secco se ti piace, copri con la pellicola e metti in frigo per una o due ore. Lava i fagiolini, togli solo la parte apicale e cocili per circa 25 minuti o fino a quando sono cotti, dentro una pentola d’acqua bollente salata, scolali e fai raffreddare. Fai arroventare una piastra e cuoci i calamaretti ponili dentro una ciotola con i ceci mescola e fai insaporire. Impiatta facendo un nido di fagiolina, aiutatati con un coppino e un forchettone, gira la verdura dentro il mestolo e poi ponilo dentro il piatto, allarga il nido e metti dentro un quarto di condimento a base di ceci e calamari, distribuisci un trito di prezzemolo e finocchietto, un giro d’olio extra vergine d’oliva di qualità, crudo, servi e poi mi cunti.
Copyright © 2016 - Testo e foto CLAUDIA MAGISTRO - scorzadarancia.it
La cucina della tradizione siciliana è percorsa dal ciavuru d’intrecciate dominazioni. In questa terra assolata nel mezzo di tre mari, greci, saraceni, normanni, spagnoli, borboni e francesi ficiru, a loro agio, li comodi so’. Il titolo, curiusu per una rubrica di cucina, anela alla raffinatezza dei francesi, mutuato dalla sostanza dei siciliani. Scorza d’arancia è un foodblog e un libro di ricette scritto, curato e fotografato da Claudia Magistro, architetto paesaggista che in cucina ha ritrovato il suo giardino, tra erbe aromatiche e spezie che solleticano il naso. Questa rubrica sarà percorsa da profumi, evocazioni e racconti in uno stile di vaga “camilleriana” memoria, fra tradizione, innovazione e l’amore per la buona cucina.
"Scorza d'arancia" è ogni domenica online su sicilypresent.it