Sono ferma a un semaforo, come tutti quelli incapsulati come a mmia dentro la scatoletta su quattro ruote. Sono le otto del mattino, l’aria è freddina, nella media stagionale dell’Isola ma i raggi del sole promettono calore entro poche ore. Aspetto che scatti il verde per andare avanti.
Non ho mai riflettuto su quanto duri il “rosso” ma a me piace quel momento d’arresto perché mi permette di osservare e di cercare elementi di bellezza che contrastino le minimizzazioni e le brutture. Una sorta di conserva. Attipo buatta di pumaruoru che fai d’estate per i periodi invernali quando del pomodoro non dovrebbe esserci nemmeno l’ombra.
Raccolgo e conservo con gli occhi, mi assicuro un raccolto per i tempi di magra. Una suggestione che mi serve a incamerare elementi che producono energia. L’energia dell’anima, della mente; una risorsa rinnovabile per me che ferma a un semaforo guardo, osservo, rifletto su tutto ciò che riesco a immagazzinare in buono stato per la sopravvivenza. Vorrei avere l’occhio bionico con fotocamera digitale incorporata, controllare l’ISO, aprire il diaframma al massimo e modulare l’esposizione con un solo battito di ciglia. Incamerare in una memoria fissa che mi permetta di stampare e riguardare assittata sul divano la domenica pomeriggio sorseggiando il the. Invece faccio all’antica, guardo le foglie dei platani che hanno perso la clorofilla, una non ce la fa più a rimanere attaccata, volteggiando s’appiccica sul mio parabrezza. Bellissima, rossa con sfumature gialle, intanto scatta il verde, lo intravedo come sfocato in secondo piano ma quello è il segnale che mi serve per ripartire.
Torno a casa e provo a dare valore al mio tempo usando la risorsa della lentezza, impasto un po’ di farina di grani antichi, ne scelgo uno tra le cinquantadue varietà autoctone sicule e affondo le mani nell’impasto. Un modo per fare accadere le cose che cose non sono.
Per due pizze:
100 g di farina di grano duro antico siciliano Russello semi integrale
200 g di semola di rimacinato
200 ml circa di acqua
4 g di lievito di birra
un cucchiaino di zucchero
un cucchiaio d’olio
6 g di sale
per farcire
quello che vuoi tu, io ho usato:
qualche cucchiaio di salsa di pomodoro
100 g di scamorza
rucola
scaglie di parmigiano
pesto di pistacchio
100 g di formaggio svizzero originale
mortadella o prosciutto cotto
Impasta la sera prima se puoi e metti l’impasto ottenuto, con il procedimento che ti racconterò, nella parte bassa del frigo.
Se usi una impastatrice metti le farine, il lievito sbriciolato, lo zucchero e l’olio. Fai partire la macchina oppure mescola a mano e poi cominci ad aggiungere l’acqua, poca alla volta impastando. Verso la fine aggiungi il sale e completa l’impasto. Verifica l’assorbimento dell’acqua da parte della farina, te ne potrebbe servire di più o di meno, comunque l’impasto deve essere molto idratato, appiccicoso al tatto. Fai lievitare tutta la notte in frigo; tira fuori dal frigo la ciotola un paio d’ore prima di stendere l’impasto, mettilo sulla spianatoia, manipolalo su una spolverata di farina d’appoggio e poi dividilo in due.
Nel frattempo accendi il forno a 230-250°C se hai una pietra refrattaria da inserire usala nella parte bassa del forno leggermente infarinata. In caso contrario usa una teglia comune poco oleata sulla quale adagerai la pizza e la cuocerai nel modo classico.
Fai riposare mezz’ora l’impasto diviso in due e poi stendi un panetto per ricavare una pizza rotonda, allargala bene e condiscila con quello che hai scelto. Io ho messo la salsa di pomodoro, ho infarinato una pala di alluminio, con un movimento deciso l’ho inserita sotto la pizza per trasferirla sulla pietra refrattaria posta dentro il forno caldo. In pochi minuti l’impasto comincia a gonfiare sui bordi come in pizzeria, uguale uguale. Merito della botta di calore che riceve la pasta a contatto con la pietra bollente nel forno. Una magia meravigliosa!
Quando il fondo della pizza è dorato, distribuisci la scamorza tagliata a pezzetti e falla sciogliere per qualche minuto. Tira fuori la pizza distribuisci la rucola, un giro d’olio crudo e le scaglie di parmigiano.
Nell’altra pizza ho messo il pesto di pistacchio, infornato e poi aggiunto lo svizzero e il prosciutto. Se hai la mortadella mettila dopo la cottura, è più buona e non si sciupa.
Copyright © 2016 - Testo e foto CLAUDIA MAGISTRO - scorzadarancia.it
La cucina della tradizione siciliana è percorsa dal ciavuru d’intrecciate dominazioni. In questa terra assolata nel mezzo di tre mari, greci, saraceni, normanni, spagnoli, borboni e francesi ficiru, a loro agio, li comodi so’. Il titolo, curiusu per una rubrica di cucina, anela alla raffinatezza dei francesi, mutuato dalla sostanza dei siciliani. Scorza d’arancia è un foodblog e un libro di ricette scritto, curato e fotografato da Claudia Magistro, architetto paesaggista che in cucina ha ritrovato il suo giardino, tra erbe aromatiche e spezie che solleticano il naso. Questa rubrica sarà percorsa da profumi, evocazioni e racconti in uno stile di vaga “camilleriana” memoria, fra tradizione, innovazione e l’amore per la buona cucina.
"Scorza d'arancia" è ogni domenica online su sicilypresent.it